“Dum sanctificatus fuero” (Ez 36, 23-26). Una promessa di santità per opera della Trinità: la quarta Feria della quarta settimana di Quaresima

L’antica tradizione del Catecumenato prevedeva, nel percorso quaresimale, una celebrazione solenne proprio il mercoledì della quarta settimana (Feria IV) di questo tempo di conversione e preparazione.

Leggiamo infatti:

Quarta feria est de cathecuminis, quia in primitiva ecclesia illa die veniebant ad ecclesiam illi, qui erant baptizandi in sabbato pasce et instruebantur in lege dei. Unde introitus est de baptismo”.

(Il mercoledì della quarta settimana di Quaresima è una giornata dedicata ai Catecumeni. Nella Chiesa primitiva, infatti, in quel giorno venivano coloro che dovevano essere battezzati il sabato di Pasqua per essere istruiti sulla Legge di Dio. Proprio per questo l’Introito parla del Battesimo).

Quale canto, allora, apriva questa solenne liturgia con gli Scrutini dei Catecumeni?

Il testo è una citazione dal profeta Ezechiele con alcune “modifiche” e “cesure” che lo rendono contestualizzato alla celebrazione liturgica.

“Dum sanctificatus fuero in vobis congregabo vos de universis terris et effundam super vos aquam mundam et mundabimini ab omnibus inquinamentis vestris et dabo vobis spiritum novum”

(“Quando sarò santificato in voi, vi radunerò da ogni terra. Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati da tutte le vostre impurità e vi darò uno spirito nuovo”. Ez 36, 23-26).

I cantori incarnano la Vox Christi (voce di Cristo) che si rivolge ai Catecumeni per catechizzarli proprio su ciò che avverrà in loro nella notte di Pasqua. C’è una circolarità in questo mistero celebrativo che sembra partire da un controsenso: perché il Figlio di Dio deve essere santificato, lui che è “il Santo di Dio” (Lc 4, 34)? Agostino così risponde:

Cum ergo ipse semper sit sanctus, sanctificatur tamen in eis quibus largitur gratiam suam, auferendo ab eis cor lapideum, per quod nomen Domini profanaverunt”.

(Dunque, anche se egli è sempre santo, tuttavia è santificato in coloro ai quali largisce la sua grazia, strappando ad essi il cuore di pietra con il quale profanarono il nome Dio).

La sovrabbondanza di santificazione è descritta in Ruperto di Deutz come una condizione che si effonde, prima di tutti, su Cristo il quale aveva annunciato:

Baptisma autem habeo baptizari et quomodo coartor, usque dum perficiatur!

(“C’è un battesimo che devo ricevere; e come sono angosciato, finché non sia compiuto!” Lc 12, 50).

Ruperto collega questo annuncio proprio alla Passione dove il Cristo dice:

Sanctifica eos in veritate; sermo tuus veritas est

(“Santificali nella verità. La tua parola è verità”. Gv 17, 17) .

per poi affermare:

et pro eis ego sanctifico meipsum, ut sint et ipsi sanctificati in veritate

(“per loro io santifico me stesso, perché siano anch’essi santificati nella verità”. Gv 17, 19).

Cristo, allora, attraverso i cantori sta parlando ai Catecumeni del loro prossimo Battesimo: del lavacro sacramentale di purificazione, della vocazione ad essere congregati nella Chiesa, del dono dello Spirito Santo e di un cuore nuovo.

Significativo il cambio da “Cum sanctificatus fuero in vobis” (Quando sarò santificato in voi) a “Dum sanctificatus fuero in vobis” (Mentre sarò santificato in voi). La prospettiva non è più quella dell’attesa di compimento della promessa veterotestamentaria di Ezechiele ma l’affermazione di come la Risurrezione di Cristo, già avvenuta, ancora operi efficacemente proprio nello svolgimento (nel “mentre”) dell’azione liturgica.

Siccardo di Cremona approfondisce questo “dum” liturgico quasi parafrasando il testo dell’Introito e riassumendo il senso del percorso catecumenale (ascoltare per credere) e della sua meta (santità e vita nel dono del Battesimo):

Sanctificatur Dominus in catechumenis, dum audiunt, et credunt quod sanctus sit; effunditur super eos aqua munda, scilicet Spiritus sanctus, […] mundati sic vivunt, […] et ipsi sancti sunt”.

(Il Signore è santificato nei Catecumeni, mentre ascoltano, e credono ciò che è santo; su di loro è effusa l’acqua pura, cioè lo Spirito Santo, […] purificati così vivono, […] e sono santificati).

Se la Lettera ai Romani afferma che: Cristo “constitutus est Filius Dei in virtute secundum Spiritum sanctificationis ex resurrectione mortuorum” (“è costituito Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito di santificazione mediante la risurrezione dai morti”. Rm 1, 4), l’Introito ribadisce che lo Spirito santificatore opera anche nei Catecumeni rendendoli Figli di Dio, ovvero una dinamica esplicitamente trinitaria.

Nel testo di Ezechiele non si trova un riferimento esplicito all’azione della Trinità. È proprio l’antifona d’Introito, nella sua concretezza di “fenomeno che si può ascoltare”, a fondare l’azione della santificazione dei Catecumeni nella Trinità attraverso l’uso di alcuni espedienti. Il primo, senza dubbio, è la modalità della quale Guglielmo di Auxerre scrive:

est de tertio tono, quia sanctificatio ad trinitatem pertinet

(appartiene al terzo modo perché il santificare spetta alla Trinità).

La modalità a cui l’Introito appartiene, infatti, è proprio quella associata al numero 3 che è il numero trinitario per eccellenza. Un altro riferimento abbastanza esplicito al numero 3, sono le tristrofe che qui troviamo, forse non casualmente, 3 volte e su 3 parole centrali per il senso dell’Introito:

dum” (mentre), “fuero” (sarò) e “dabo” (darò).

L’accento, così, è sulla circolarità della imminente celebrazione pasquale col rito del Battesimo dei Catecumeni: mentre si svolgerà, il Figlio sarà santificato e santificherà i nuovi Figli di Dio.

Una caratteristica singolare di questa quarta Feria della quarta settimana di Quaresima era quella di possedere due letture e, conseguentemente, due Responsori graduali. Prepositino di Cremona sottolinea come

in illa missa leguntur due lectiones quia baptizandus est in duobus instruendus, scilicet in fide et moribus

(in quella Messa si leggono due letture poiché chi deve essere battezzato viene, così, istruito in due aspetti: sulla fede e sulla morale).

La prima lettura era proprio il brano di Ezechiele da cui dipende anche l’Introito e che insiste sul tema della santificazione. Proprio poiché “per talem sanctificationem fiunt homines filii dei” (per mezzo di quella santificazione gli uomini sono resi figli di Dio), ad essa risponde il primo Responsorio graduale:

Venite filii, audite me: timorem Domini docebo vos

(“Venite, figli, ascoltatemi; v’insegnerò il timore del Signore.”. Sal 33, 12).

Essendo lo Spirito Santo colui che santifica, questo Responsorio graduale “est septimi toni propter septem dona spiritus sancti, que dantur in baptismo” (appartiene al settimo modo proprio per i 7 doni dello Spirito Santo che sono dati nel Battesimo). [L’attribuzione di questo Graduale al settimo modo, invece del quinto come attestano moltissime fonti medievali, sembra una particolarità attestata nell’opera di Guglielmo di Auxerre].

La seconda lettura era presa dal profeta Isaia: “Lavamini, mundi estote” (“Lavatevi, siate puri”. Is 1, 16). Anche qui emerge la catechesi sulla fede e morale proprio dall’inizio della sezione testuale che veniva proclamata. “Lavamini” riassume il Sacramento del Battesmo che lava il peccato, “mundi estote” è imperativo che esorta a perseverare nello stato di grazia donato dal Sacramento ricevuto.

A questa lettura seguiva il Responsorio graduale:

Beata gens cuius est Dominus Deus eorum

(“Beata la nazione il cui Dio è il Signore”. Sal 32, 12).

Ancora una volta c’è il desiderio di spiegare ai Catecumeni la condizione che li attende, ovvero, la beatitudine (santità) e di veicolare questo messaggio attraverso parole e suono. Infatti,

est primi toni, quia beatitudo a solo deo est

(Il Responsorio graduale appartiene al primo tono poiché la beatitudine si trova solo in Dio).

Il Vangelo proclamato nel solenne Scrutinio dei Catecumeni era la pericope

Missale Parisiense. FORTUNATUS (s. Venantius), ep. Pictavensis. Auteur du texte

de illuminatione ceci

(della guarigione [illuminazione] del cieco. Gv 9, 1-41).

La chiave di lettura, giustamente, era battesimale e il comando:

Vade, ad natatoria Syloe: et lava”.

(“Va’ a lavarti nella piscina di Siloe“. Gv 9, 7)

viene collegato al lasciarsi purificare nel Battesimo con la certezza che: “Per baptismum enim datur fides, que est illuminatio mentis” (Attraverso il Battesimo è data la fede la quale è l’illuminazione della mente”).

L’Offertorio di quel giorno:

Benedicite gentes Dominum

(“Benedite popoli il Signore” Sal 66, 8)

veniva interpretato come una azione di grazie per quanto si riceve nel Battesimo e, nello specifico, per 2 effetti di questo Sacramento. La dualità diventa la chiave per comprenderne la modalità della quale leggiamo:

sequitur offertorium, secundo tono per illuminationem et confirmationem

([Al Vangelo] segue l’Offertorio che appartiene al secondo modo per l’illuminazione e la confermazione [dei Catecumeni]).

L’ultima Antifona della celebrazione, quella di Comunione, incarna la voce del Cieco guarito che rende grazie per il dono della vista riacquistata. Il Catecumeno prende proprio le sue parole e, pregustando già quello che sarà il suo essere Neofita, attraverso i Cantori può dire:

Lutum fecit ex sputo Dominus et linivit oculos meos; et abii, et lavi, et vidi, et credidi Deo

(Il Signore ha fatto del fango con la sua saliva, e mi ha spalmato gli occhi: e andai, e mi lavai, e vidi e ho creduto in Dio).

Citando le parole dell’Ecclesiale, Guglielmo di Auxerre chiude il commento a questo solenne Scrutinio nella Messa scrivendo:

-Ad locum, unde veniunt, flumina revertuntur, ut iterum fluant- Sic recognoscendo bona dei agit gratias

(-Al luogo dove i fiumi si dirigono, continuano a dirigersi sempre. Ecc 1, 7- Così riconoscendo quanto di buono Dio ha donato, si rende grazie).

Nella Liturgia riformata dal Concilio Vaticano II c’è ancora la possibilità di ascoltare questa Voce di Cristo che parla a tutta la sua Chiesa della novità che il Battesimo opera in ogni fedele. L’Introito Dum sanctificatus fuero è cantato tre volte durante l’Anno liturgico: nella Messa della Vigilia di Pentecoste, il Venerdì della XX settimana del Tempo ordinario e, come possibilità, alla III domenica di Quaresima.

L’antico collegamento con il percorso dei Catecumeni sembra sopravvivere solo in quest’ultimo caso, ovvero se si cantasse all’interno del percorso del Ciclo A dei Vangeli quaresimali ma senza armonizzarsi con la Parola di Dio proclamata in quella celebrazione.


Rispondi

Scopri di più da Pes Allegoricus

Abbonati ora per continuare a leggere e avere accesso all'archivio completo.

Continue reading