Pioggia che trasforma i cuori

La quarta domenica di Avvento è nota per essere la “Domenica Rorate“. Deve questo nome all’introito:

Rorate caeli desuper et nubes pluant justum aperiatur terra et germinet Salvatorem

Stillate, cieli, dall’alto e le nubi facciano piovere il giusto, si apra la tera e germini il Salvatore (Is 45, 8).

Questo canto, però, non è esclusivo di questa domenica e, infatti, lo troviamo come introito De festis beatae Virginis (per le feste della Beata Vergine Maria).

Ma come arrivò alla quarta domenica di Avvento?

Bisogna premettere che, nei calendari liturgici antichi, “dicitur illa dominica vacans” (quella domenica è detta ‘vuota’). Il motivo lo si doveva alla liturgia del sabato precedente che, come abbiamo visto circa la terza settimana di Avvento, era giorno delle Tempora invernali e, in particolare, si indicava come sabbatorum die in XII lectiones” (Il sabato delle 12 letture). Questo nome lo doveva ad una singolare liturgia costituita da una Vigilia con 12 letture che il papa celebrava a San Pietro e nel corso della quale si svolgevano anche le ordinazioni. Questa liturgia terminava all’alba con una Messa che, di per sé, costituiva la celebrazione della domenica che seguiva il sabato delle 12 letture. Di conseguenza, non c’era una seconda Messa per quella domenica ma la si indicava con un “vacat” (vuota). Tutto questo avveniva prima dell’VIII secolo poiché, successivamente, le liturgie della Vigilia vennero anticipate dalla notte alla mattina del Sabato rendendo necessaria una Messa propria per quella domenica. Si iniziò, in questo modo, a creare il formulario della quarta domenica di Avvento prendendo materiale che già esisteva. Anticamente, allora, esistono almeno 3 introiti che le fonti medievali testimoniano per questa domenica.

Il primo, logicamente, è proprio quello del Sabato delle 12 letture che costituiva quello della domenica.

Veni et ostende nobis faciem tuam domine qui sedes super cherubim et salvi erimus

Vieni e mostraci il tuo volto, o Signore che siedi sui Chierubini, e saremo salvi (Sal 80, 4.2)

Troviamo, in alcuni Graduali, l’introito:

Memento nostri domine in beneplacito populi tui visita nos in salutari tuo ad videndum in bonitate electorum tuorum in laetitia gentis tuae ut lauderis cum hereditate tua

Ricordati di noi, Signore, per amore del tuo popolo, visitaci con la tua salvezza, perché vediamo la felicità dei tuoi eletti, godiamo della gioia del tuo popolo, ci gloriamo con la tua eredità (Sal 106, 4-5).

Questo testo è cantato, sempre come introito, nella liturgia ambrosiana della seconda domenica di Avvento. La tradizione domenicana, invece, lo continua a cantare come introito della quarta domenica di Avvento. Il Graduale Romano, oggi, lo vede come introito dell’ultimo mercoledì prima di Natale.

Infine, abbiamo anche l’introito Rorate caeli:

Questo introito, come abbiamo visto, è proprio per le celebrazioni della Vergine Maria e, in particolare, per l’Annuntiatio Dominica (L’Annunciazione del Signore). Quando a metà del V secolo vennero riorganizzate le tre celebrazioni delle Tempora del decimo mese (dicembre) lo si fece in funzione del Natale. La prima di queste tre celebrazioni, allora, divenne la Missa aurea beatae Mariae, una messa votiva alla Vergine che vedeva i suoi testi indirizzati al Cristo che viene nel mondo. L’introito di questo mercoledì della terza settimana di Avvento divenne, poi, anche introito per la quarta domenica di Avvento e la scelta fu mantenuta anche dopo la riforma del Concilio Vaticano secondo.

Tra i vari introiti per la Vergine, il Rorate caeli è probabilmente quello che in modo migliore riesce a collocarsi anche nel tempo di Avvento e nella sua lettura teologica medievale. Se l’Avvento, nel medioevo, è il tempo della primavera, di questo canto si afferma:

Et competit tempori veris. Fuit enim in vere: quando enim Deus factus est homo, omnia nova facta sunt.

(è adatto al tempo della primavera. Fu infatti primavera quando Dio si fece uomo e rinnovò tutte le cose)

Qual è la lettura cristologica di questo canto?

Questo introito representat ecclesiae tempus, quando venit Christus in Beatam Virginem (rappresenta il tempo della Chiesa quando discese Cristo nella Beata Vergine). L’imperativo rorate (piovete) viene messo nella bocca degli angeli e dei profeti e significa “praedicate adventum Domini” (annunciate la venuta del Signore). L’Avvento è simboleggiato dal ros, la rugiada o pioggia e si collega proprio all’immagine del re promesso cantata nel Salmo 72: “descendit sicut pluvia in vellus” (Scenderà come pioggia sull’erba). L’espressione “pluant iustum, id est Christum antonomasice” (“piovano il Giusto” è Cristo per antonomasia). Lui, il Giusto, come pioggia discende a noi e compie tre cose: cambia i cuori, estingue la sete e porta frutti. La seconda parte dell’antifona di introito canta Maria. La terra che si apre diventa allegoria della Vergine Maria quando pronuncia le parole: “ecce ancilla Domini” (Ecco la serva del Signore. Lc 1, 38). Quella terrà si aprì solo grazie al suo consensum, (consenso), ovvero al suo “fiat” (si compia). La conclusione: “et germinet Saluatorem” (e germini il Salvatore) è la sua immacolata concezione.

In questa prospettiva, allora, sono da intendersi tutti i canti propri di questa celebrazione che mette al centro Colui che è annunciato e concepito: Cristo.

In particolare, l’offertorio Ave Maria (Lc 1,28) si collega a “quando eam Angelus salutavit et de Spiritu Sancto concepit” (quando l’Angelo la salutò e concepì per opera dello Spirito Santo).

Il tema viene nuovamente ripreso dall’antifona di comunione: “Ecce virgo concipiet et pariet filium et vocabitur nomen ejus Emmanuel” (Ecco la Vergine concepirà e partorirà un figlio e si chiamerà Emmanuele. Is 7,14).

Un dettaglio che merita di essere osservato, nell’architettura di questa celebrazione, riguarda il tema dell’annuncio. Si tratta dell’incipit del’antifona di introito e del responsorio prolisso Canite tuba, sempre della quarta domenica di Avvento.

Sullo sfondo c’è proprio l’Annutiatio Dominica, un’annunciare il Signore che percorre l’intero giorno liturgico: dalla notte al giorno. La vicinanza di clima sonoro fra gli inizi di questi due canti potrebbe essere il motivo per cui i teologi medievali mettevano il testo di Isaia del Rorate in bocca degli angeli e dei predicatori. La tuba, infatti, era proprio associata alla predicazione come ci testimonia Alcuino in una lettera a Carlo Magno dove scagliava contro la saecularis potestas (il potere secolare) la catholicae praedicationis tuba (la tromba della predicazione universale).

Una opinione su "Pioggia che trasforma i cuori"

  1. Grazie, grazie e ancora grazie per l’arricchimento spirituale che ci offre, forza per andare avanti anche nelle nostre comunità che ormai attraversano da anni un’impoverimento generalizzato

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