“Misericordia”. Il canto del buon Pastore che riempie la terra e rinnova i cieli.

L’Introito Misericordia apre la celebrazione Eucaristica in quella che è conosciuta come la domenica del Buon Pastore.

Misericordia Domini plena est terra, alleluia. Verbo Dei caeli firmati sunt, alleluia alleluia.


(Della misericordia del Signore è piena la terra;
la sua parola ha creato i cieli. Alleluia. Sal 32,5-6).

Einsiedeln, Stiftsbibliothek / Codex 121(1151) – Graduale – Notkeri Sequentiae / p. 226

Come abbiamo visto per la domenica Jubilate, anche questa celebrazione ha subito uno spostamento nel calendario liturgico. Passò da II domenica dopo la Pasqua ad essere, nella Liturgia che segue l’ultima riforma liturgica, la IV domenica di Pasqua. Il suo nome derivava proprio dalla pericope del Vangelo di Giovanni che in essa veniva proclamata:

Ego sum pastor bonus; bonus pastor animam suam ponit pro ovibus“.

(“Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore“. Gv 10,11)

Questa Parola (Gv 10, 11-18) ancora risuona, ogni tre anni, nella Liturgia del ciclo B intervallata dalle pericopi che la precedono (Gv 10,1-10) e seguono (Gv 10, 27-30).

L’Introito Misericordia, essendo originariamente nella domenica che seguiva l’Ottava di Pasqua, riprende proprio il “tema” pasquale: non solo nei contenuti ma anche nella musica. La Liturgia, con insistenza, ripete ai fedeli che “per Christi Resurrectionem illuxit nobis Deus” (attraverso la Risurrezione di Cristo, il Padre ci ha illuminati) e lo realizza dilatando il giorno pasquale in tutta la cinquantina celebrativa che precede la Pentecoste.

Coloro che avevano partecipato alla solenne Eucaristia nel giorno di Pasqua, probabilmente, avevano memorizzato l’incipit (inizio) dell’Introito Resurrexi (sono risorto): pochi suoni, cantati nel quarto modo e con una tristrofa che si dona all’ascoltatore quasi come una voluta ed elegante sottolineatura nella linea melodica.

Proprio in questa tradizione, quella di un repertorio cantato che veniva insegnato ai fanciulli attraverso sapienti tecniche mnemoniche, quel fenomeno sonoro e liturgico di cui si era fatta esperienza nel giorno di Pasqua, sembrava quasi ripresentarsi anche nell’incipit di questa celebrazione.

Lo stesso intervallo apre il canto e, addirittura, la notazione adiastematica di Laon sembra sovrapponibile nei due esempi. Interessante come la tristrofa voglia tenere il complemento di specificazione Domini (del Signore) saldamente ancorato al soggetto teologico dell’Antifona: Misericordia (la Misericordia) attraverso il “fare memoria” dell’Introito del giorno di Pasqua.

Resurrexi, (l’”Io sono risorto”) si rivela essere proprio la manifestazione dell’amore del Padre. Nella traduzione italiana, purtroppo, questo versetto dice: “della bontà del Signore è piena la terra” (Sal 32,5). Ma la Chiesa canta di più… conservando quel testo latino che proclama la “misericordia del Signore“: una specificazione importante della bontà e amore di Dio. Si tratta di un modo per descrivere la presenza del Risorto tra noi dopo la Pasqua.

Se la domenica Quasimodogeniti ([coloro che sono come] gli appena nati) descriveva i Neofiti, coloro che hanno fatto esperienza della Misericordia Domini (Misericordia del Signore) non tantum parvulis sed etiam perfectis (non sono tanto i fanciulli ma i perfetti), ovvero quei cristiani che sono già stati illuminati nel Battesimo.

La grazia di questo Sacramento, infatti, incontra la fragilità dell’uomo che, nell’esperienza della debolezza e peccato peccato, diventa imperfetto. La voce del Cristo Risorto, però, non resta indifferente a questa miseria umana e, proprio perché canto universale, inonda ogni cosa e ogni luogo: riempie la terra e rinnova i cieli.

L’Introito Misericordia sembra descrivere questa ulteriore e sempre disponibile offerta di Grazia. Probabilmente è un modo per alludere al Sacramento della Penitenza, quel “lavacro” in cui il cristiano imperfetto può ritrovare la perfezione battesimale. È interessante la presenza del verbo “firmati sunt” che non può essere ridotto ad un semplice “fare” o “creare”. In questo contesto che allude alla Penitenza e Riconciliazione, un Sacramento definito medicinale, il “Verbo Dei […] firmati sunt” può essere letto proprio come la forza della Parola di Dio, che è il Canto di colui che è risorto, capace di rendere firmus (restaurato, rinnovato) ciò che era diventato infirmus (rovinato, infermo, non più solido).

A rafforzare questo concetto, oltre alle sottolineature dei neumi nelle espressioni “plena est terra” (la terra è pena) e “caeli firmati sunt” (i cieli sono rinnovati) si aggiunge il linguaggio della modalità. Il quarto modo, sintetizzato dal numero 4, è pasquale e descrive proprio questo evento.

Già abbiamo presentato il suo valore di simbolo delle 4 doti del nostro corpo alla Risurrezione come presentato nella escatologia paolina (1Cor 15, 35. 42-44). Ad esso, inoltre, abbiamo aggiunto il significato cosmologico e di irradiazione universale rappresentato dalle 4 direzioni dei punti cardinali. Il Resurrexi (“io sono risorto), manifestatosi come Misericordia Domini (Misericordia del Signore) raggiunge la terra e i cieli per rinnovarli come una vera e propria creazione continua.

La domenica della Misericordia, come abbiamo visto, è la domenica del Buon Pastore.

Come venivano collegati questi due temi, Buon Pastore e Misericordia, nel Medioevo?

Il punto di partenza è la Risurrezione. Abbiamo appena visto come essa risuoni in modo chiaro nell’Introito della celebrazione che stiamo analizzando. Nel Mattutino, inoltre, era stato cantato il Responsorio:

Surrexit pastor bonus qui posuit animam suam pro ovibus suis et pro suo grege mori dignatus est alleluia alleluia

Antiphonarium Benedictinum totius anni – Cod. Aug. perg. 60
 

È risorto il buon pastore, che ha dato la sua vita per le sue pecore e per il suo gregge si è degnato di morire. Alleluia

Conseguentemente, l’Introito di quella domenica era già introdotto da una meditazione sul mistero pasquale che sottolineava come il Cristo Buon Pastore è risorto dopo che pro suo grege mori dignatus est (si è degnato di morire per il suo gregge).

I rimandi interni alle celebrazioni pasquali, iniziate nel Santo Triduo, ci fanno ora proprio comprendere che il “pro nobis” (per noi) cantato nel Graduale “Christus factus est” (“Cristo si è fatto“. Fil 2,8-9) si riferisce proprio “a noi” come gregge di Cristo Pastore. L’Introito Misericordia, inoltre, cantando con quel quarto modo anche “pro forma Crucis” (per la forma della Croce), arriva a dipingere una carità pastorale che in Cristo non ha confini e raggiunge, come Misericordia, le sue pecore in ogni dove: fino al cielo.

Dall’iconografia medievale ci arriva una rappresentazione che sembra quasi descrivere tutto ciò. Si tratta di un capitello medievale della Basilica di Vézelay in Francia:

In questa rappresentazione c’è un particolare diverso rispetto alle classiche immagini di Cristo Buon Pastore con la tenera pecorella. Il pastore, qui, ha il corpo di Giuda, il discepolo traditore, caricato sulle sue spalle. Questa immagine, idealmente, segue sullo stesso capitello quella del suicidio di Giuda Iscariota. Si tratta di un vero e proprio incontro fra un misero e la Misericordia del Signore che non si ferma neppure di fronte ad un atto come la morte per suicidio.

Se consideriamo la successione temporale dei fatti, la morte di Giuda segue il suo tradimento e, il Cristo che si carica il suo corpo è il Signore risorto:

“Tunc videns Iudas, qui eum tradidit, quod damnatus esset, paenitentia ductus, rettulit triginta argenteos principibus sacerdotum et senioribus
[…]. Et proiectis argenteis in templo, recessit et abiens laqueo se suspendit
.

(Allora Giuda, il traditore, vedendo che Gesù era stato condannato, si pentì e riportò le trenta monete d’argento ai sommi sacerdoti e agli anziani […]. Ed egli, gettate le monete d’argento nel tempio, si allontanò e andò ad impiccarsi. Mt 27, 3.5).

L’aver conosciuto Gesù ed essere stato fra i 12 suoi discepoli più stretti, per Giuda Iscariota, non fu sufficiente per portarlo a vivere da perfectus (perfetto) seguendo gli insegnamenti del Maestro. Giuda potrebbe essere l’esempio di chi, pur avendo seguito Gesù da vicino, arriva comunque a tradirlo. È l’esperienza, racchiusa in un caso estremo ed emblematico, della fragilità della condizione umana per cui, proprio il tradimento di Giuda, può divenire allegoria del Cristiano imperfetto… del Battezzato che, nonostante abbia conosciuto il Signore, lo tradisce preferendo la via del peccato.

Ma di fronte a Colui che ha vinto la morte, neppure un suicidio sembra l’ultima parola alla propria esistenza. Il cadavere di Giuda, scolpito nudo quasi come il corpo di un Adamo, è quella pecora per cui il Pastore lascia le altre 99. Anche se già senza vita, la Misericordia lo raggiunge con la forza della Risurrezione. Judas infirmus (Giuda infermo), anzi morto, per mezzo della Risurrezione diventa Judas firmatus (Giuda ri-creato). Questa allegoria diventa speranza per ogni cristiano im-perfectus (imperfetto) che, per quanto lontano da Cristo possa essersi portato, è raggiunto dalla Misericordia e reso, nuovamente, perfectus (perfetto).

Il Buon Pastore è il modello per i Pastori

Il alcuni testi medievali, questa domenica non è chiamata Domenica del Buon Pastore ma:

dominica est de pastoribus qui debent plene imitari Christum

(Domenica dei Pastori che devono imitare completamente Cristo).

e, conseguentemente, quanto in essa si canta e proclama diventa un’ammonizione per i Vescovi.

Con questa chiave di lettura, Guglielmo di Auxerre scrive: sequitur: “verbo Domini celi firmati sunt”, id est Apostoli, quia tunc fiunt Synodi ([nell’Introito] segue: “dalla Parola del Signore furono resi forti i cieli“, cioè dagli Apostoli che per questo celebrano i Sinodi). Agli Apostoli, ed ai Vescovi come loro successori, è affidato l’annuncio della Parola del Signore. Attraverso il loro magistero continua ad operare la Misericodia Domini (Misericordia del Signore). Appare molto interessante come il teologo francese riporti la tradizione, da lui conosciuta, per cui:  Fiunt autem sepe Synodi rome in hac dominica” (Spesso a Roma, in questa domenica, hanno luogo i Sinodi). Parafrasando questa sottolineatura, allora, il Verbo Domini (la Parola del Signore), capace di riempire la terra e rinnovare i cieli, è presente nella Chiesa del Risorto grazie al magistero dei Pastori quando essi vivono la sinodalità.

All’Introito seguiva la preghiera di Colletta:

Deus, qui in Filii tui humilitate iacentem mundum erexisti: fidelibus tuis perpetuam concede lætitiam; ut quos perpetuæ mortis eripuisti casibus, gaudiis facias parfrui sempiternis.

O Dio, che per mezzo dell’umiltà del tuo Figlio rialzasti il mondo caduto, concedi ai tuoi fedeli perpetua letizia, e coloro che strappasti al pericolo di una morte eterna fa che fruiscano dei gaudi sempiterni.

Anche questa orazione sembra proprio una parafrasi di quell’immagine del Buon Pastore con Giuda. “Iacentem mundum erexisti” (rialzasti il mondo che giaceva [morto]) descrive quel cadavere di Giuda Iscariota inerme che pende dalle spalle del Pastore e diventa monito per ogni pastore della Chiesa a chinarsi sulle situazioni di morte per dare loro ancora speranza di gioia eterna.

L’unica Epistola proclamata era la prima lettera di Pietro al capitolo 2 (oggi ancora letta nella quarta domenica di Pasqua dell’anno A): Et loquitur ad pastores Petrus in epistola: “Christus passus est pro nobis, vobis relinquens exemplum” (E si rivolge ai Pastori Pietro nella sua Lettra: “Cristo patì per voi, lasciandovi un esempio” 1Pt 2, 21) . Nella conclusione di questo testo, quanto si leggeva, era colto come un esplicito riferimento ai Vescovi della Chiesa:

Eratis enim sicut oves errantes, sed conversi estis nunc ad pastorem et episcopum animarum vestrarum.

Eravate erranti come pecore, ma ora siete stati ricondotti al pastore e vescovo delle vostre anime (1Pt 2, 25).

Dei due Alleluia, dopo il primo che cantava ancora il tema della Risurrezione:

Alleluia Christus resurgens ex mortuis jam non moritur mors illi ultra non dominabitur

(“Cristo, risorto dai morti, non muore più; la morte non ha più potere su di lui“. Rm 6, 9)

Aliud de prelatis: “ego sum pastor bonus”  (L’altro si riferisce ai Vescovi: “io sono il buon Pastore“)

Alleluia Ego sum pastor bonus qui pasco oves meas

Io sono il buon pastore e pascolo le mie pecore (Gv 10, 14)

Sullo stesso tema insiste il Communio:

Ego sum pastor bonus alleluia et cognosco oves meas et cognoscunt me meae.

Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me. Gv 10, 14

L’Offertorio, apparentemente, sembra scostarsi dalle grandi linee tematiche della celebrazione. Esso canta:

Deus Deus meus ad te de luce vigilo et in nomine tuo levabo manus meas alleluia

 Dio, Dio mio, fin dall’aurora ti cerco ansiosamente: e nel tuo nome alzerò le mie mani (Sal 62, 2.5).

Il verbo latino “vigilo” (vigilare) del Salmo 62, in questo contesto, veniva letto come allusione alla funzione dell’ἐπίσκοπος (dell’episcopo): sorvegliare con attenzione. Allora, l’Offertorio è un ulteriore insegnamento per Vescovi: quia prelati semper debent vigilare, unde in Canticis:invenerunt me vigiles, qui custodiunt civitatem (perché i Vescovi devono sempre sorvegliare e, per questo, nel Cantico dei Cantici leggiamo: “Mi hanno trovato i sorveglianti che custodiscono la città“. Ct 3,3). Il riferimento al compito dei Pastori si completa con questa funzione di custodi della Città. Ai Vescovi spetta il compito di dare l’esempio affinché , già qui sulla terra, i Cristiani possano imparare a vivere non come: “Illi in principibus eius vel in eis quas subiugat nationibus dominandi libido dominatur” ([Quei cittadini della città terrena che] sono dominati da una stolta cupidigia di predominio che li induce a soggiogare gli altri) ma come, continuando con le parole di Agostino, “in hac serviunt invicem in caritate et praepositi consulendo et subditi obtemperando” ([i cittadini della città celeste che] si offrono l’uno all’altro in servizio con spirito di carità e rispettano docilmente i doveri della disciplina sociale.

3 pensieri riguardo ““Misericordia”. Il canto del buon Pastore che riempie la terra e rinnova i cieli.

  1. Complimenti per l’interessante articolo!! Acquisterò anche il libro.
    Bruna Caruso, coro gregoriano Mediae Aetatis Sodalicium

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