“Christus erit magnus Praecentor” (Cristo: il grande Cantore della Risurrezione)

Resurrexi et adhuc tecum sum alleluia posuisti super me manum tuam alleluia mirabilis facta est scientia tua alleluia alleluia

Graduel à l’usage de l’abbaye de Saint-Denis

Sono risorto e sono sempre con te; hai posto su di me la tua mano, mirabile si è dimostrata la tua scienza. Alleluia (Sal 138,18.5-6).

Un commento medievale all’Introito del giorno di Pasqua così riporta:

Et incipit precentor loco magni precentoris, id est Christi: “Resurrexi et adhuc tecum sum” et cetera, qui Christus erit precentor, quia post ipsum et ad eius simulitudinem laudabunt alii Deum. “Et adhuc tecum sum”, in hoc notatur eternitas, in qua semper est cum Patre.

(E il “Praecentor” (il primo Cantore) inzia [a cantare], prestando la voce al grande Cantore, cioè a Cristo: “Sono risorto e sono con te“, e Cristo sarà il “Praecentor” perché dopo di Lui e imitando ciò che fa Lui anche gli altri potranno lodare Dio. “E sono con te“. In questo si sottolinea l’eternità nella quale sempre è con il Padre [e nella quale anche noi saremo]).

Il Praecentor, come Onorio di Autun dice, è

qui cantantes voce et manu incitat, est servus, qui boves stimulo minans dulci voce bobus jubilat

(colui che incita coloro che cantano sia con l’esempio della sua voce, sia dirigendo con la mano. Ma è anche quel servo che grida ai buoi mentre li punzecchia con una dolce voce). È l’icona di Cristo Buon Pastore che con la sua voce guida il suo gregge e lo provoca ad imitarlo per lavorare quella terra che è il cuore dell’uomo.

Il testo di questo Introito, infatti, è alla prima persona singolare (“io sono risorto”). Non è la Chiesa ad affermare che il suo Signore è risorto ma:

“Dominus igitur per ora Prophetarum (Ps 138, 18) dirigens sermonem ad Patrem” 

(Cristo, per la bocca dei Profeti, rivolge la sua parola al Padre).

Il canto diventa realtà Sacramentale che permette a Cristo di parlare nella sua Chiesa ed annunciare 3 realtà contenute in questo momento della Storia della Salvezza:

  1. la sua gloriosa Risurrezione (“Et adhuc tecum sum” “Sono con te”);
  2. la protezione ricevuta dal Padre nella Passione (“posuisti super me manum tuam” “hai posto su di me la tua mano”);
  3. la diffusione in tutta la terra della conoscenza del Padre (“mirabilis facta est scientia tua” “mirabile si è dimostrata la tua scienza”).

Come già Amalario di Metz scriveva: “praecentor incipit” (il Cantore inzia) e deve suscitare una risposta per cui: “succentores vero eodem modo respondent” (i “Succentores” (il Coro) risponde imitando quanto proposto dal Cantore solista).

Il Coro ed il suo Maestro, nel giorno di Pasqua, sono proprio il “Choro neophytorum” (la voce dei Neofiti) e il Cristo che li ha battezzati. Questa immagine apre ad un senso morale la comprensione di questo Introito. Coloro che hanno appena ricevuto la vita nuova in Cristo attraverso la Grazia del Battesimo “clamet quasi unus homo: Resurrexi et adhuc sum tecum” (acclamano quasi ad una sola voce: “Sono risorto e sono con te“).

I battezzati, allora, possono dire:

  • Prius eram longe a te per dissimilitudinem peccati ” (Prima ero lontano da Te a causa della lontananza del peccato che ci separava) ma ora sono risorto dai vizi e sono vicino a Te, o Dio, proprio per la vicinanza nella virtù.
  • Posuisti super me manum misericordiae tuae” (Hai poggiato sopra di me la mano della tua misericordia) perché ero infermo e mi hai liberato dall’infermità del peccato.
  • “Scientia tua per totum orbe dilatata” (la tua conoscenza si è diffusa in tutto il Mondo) e noi lo vediamo con la crescita quotidiana dei tuoi figli sparsi su tutta la Terra.

Si legge molto, nei commenti recenti, circa un possibile significato anche della modalità in cui questo brano è stato concepito e che vedrebbe, nel quarto morto, le caratteristiche di “lugubre” e “funereo”. Bisogna notare, però, che limitarsi a commentarlo con l’etica modale è limitante e, sicuramente, non rappresenterebbe l’unico stile dell’esegesi medievale.

Dobbiamo considerare l’apertura di senso che viene offerta attraverso la simbologia sintetizzata nel numero 4.

Sicuramente c’è un richiamo alla Croce, come già abbiamo potuto osservare con l’Introito della quinta Domenica di Quaresima. Ma il 4 della Croce è anche un riferimento cosmico che può bene esprimere la dilatazione e diffusione con cui viene commentato il “mirabilis facta est scientia“.

Il numero 4, “propter formam Crucis(per la forma della Croce), si proietta e irradia sui 4 punti cardinali, e abbraccia tutto il Mondo. I Versi di Giovanni Scoto Eriugena così lo esprimono:

Ecce Crucis lignum quadratum continet orbem / in quo pendebat sponte sua Dominus

(Ecco il legno della Croce abbraccia il mondo nelle sue 4 parti / su di esso pendeva il Signore di sua spontanea volontà)

A ciò, fanno eco le parole di Otlone di Ratisbona:

nullus locus a virtute sanctae Crucis vacuus esse

(Nessun luogo non è raggiunto dalla forza della Santa Croce).

Ma, forse più pertinente ancora all’interpretazione della modalità, è l’osservazione di Guglielmo di Auxerre che scrive:

De tonis.  Et est doctrina generalis, si antiphona vel responsorium vel introitus cantatur […] si quarto, propter quatuor dotes corporis“.

(Circa i modi gregoriani c’è un insegnamento generale per il quale se un’Antifona, un Responsorio o un Introito [del tempo di Pasqua] vengono cantati nel quarto modo questo li collega alle 4 doti del Corpo)

Si tratta, stando all’escatologia paolina, delle quattro doti del nostro corpo alla Risurrezione:

Ma qualcuno dirà: «Come risuscitano i morti? Con quale corpo verranno?» […] Così anche la risurrezione dei morti: si semina corruttibile e risorge incorruttibile (1); si semina ignobile e risorge glorioso (2), si semina debole e risorge pieno di forza (3); si semina un corpo animale, risorge un corpo spirituale (4)” (1Cor 15, 35. 42-44).

Questa apertura ai sensi cristologico, morale , cosmico ed escatologico viene raccolta anche dalla Colletta del giorno di Pasqua:

Deus, qui hodierna die per Unigenitum tuum, aeternitatis nobis aditum devicta morte reserasti: vota nostra, quae praeveniendo aspiras, etiam adiuvando prosequere”.

(O Dio, che in questo giorno, per mezzo del tuo Figlio Unigenito, vinta la morte, riapristi a noi le porte dell’eternità, accompagna i nostri voti aiutandoci, Tu che li ispiri prevenendoli).

L’eternità nella quale il Figlio è con il Padre diventa, ora, accessibile anche a noi e così tutta la Chiesa (Cristo, la testa, e noi, le membra) può cantare con gioia incontenibile: “Resurrexi et adhuc tecum sum“! Un canto nel quale mai saremo abbandonati perché sempre avremo il nostro divino Maestro del coro, il primo e grande Cantore: Cristo Risorto. La sua dolcissima voce previene ogni nostro canto. Ogni nostro nostro santo desiderio, in Cristo è già stato cantato e, proprio per questo, può essere imitato.

Sì! “Domine, probasti me, et cognovisti me” (Signore mi hai messo alla prova e mi hai conosciuto”),

ma proprio per questo non ti è bastato l’aver conosciuto “sessionem meam” (la mia umiliazione) perché Tu hai voluto che l’ultima e definitiva parola fosse: “resurrectionem meam” (la mia Risurrezione).

6 pensieri riguardo ““Christus erit magnus Praecentor” (Cristo: il grande Cantore della Risurrezione)

  1. Definitavemente es el mismo Cristo que canta la Resurrección y nosotros participamos de ella. Muchas gracias por tan bella reflexion.

Rispondi

Scopri di più da Pes Allegoricus

Abbonati ora per continuare a leggere e avere accesso all'archivio completo.

Continue reading